martedì 27 gennaio 2009

Passioni, emozioni, psichiatria e...tango. Il diario di Andrea Meluso

PATASARRIBA 2008 - Argentina
passioni, emozioni, psichiatria e. .. tango
Patasarriba, sottosopra in italiano, è un progetto nel quale i protagonisti sono persone che vivono esperienze di disagio, persone con sofferenza mentale, familiari, operatori, cittadini attivi e volontari.
Un viaggio contro lo stigma e contro ogni pregiudizio.
Un viaggio che ha voluto ricordare i 60 anni della Costituzione Italiana e i 30 anni della 180, detta legge Basaglia.
Parole chiavi di questa esaltante esperienza Argentina:
Diritti
Inclusione sociale,
Maggiore conoscenza dei fattori di discriminazione e di contesti discriminanti, in maniera particolare, nei confronti di persone che vivono l’esperienza di difficoltà legate alla salute mentale
Protagonismo e partecipazione delle persone con sofferenza mentale
Informare l’opinione pubblica sul tema salute mentale
Sensibilizzare le istituzioni Argentine affinché sviluppino politiche e programmi sociali volte al superamento dei manicomi nonché alla promozione della salute mentale
Partenza: novembre 2008
aeroporto Milano/Linate – ho appuntamento con Alberto Bonazzi, familiare di un’associazione per la salute mentale della Valle Canonica.
Un tramonto sbirciato dall’oblò dell’aereo, segnato da colori caldi, vivi e sgargianti, segni di buon auspicio, accompagna il nostro viaggio verso Roma. Milano visto dall’alto disseminata da luci accese e colorate, sembra una città perfetta per viverci….
Alle diciotto e trenta atterriamo all’ aeroporto di Fiumicino. Cerchiamo gli altri del Patasarriba, li avvistiamo e ci mettiamo insieme al desk C 30. Vedo molta gente. Ci sono persone con problemi di salute mentale, diverse, operatori, familiari e volontari. Il display indica, prossimo il volo Roma- Buenos Aires alle ventidue. All’improvviso si diffonde il panico; c’è un grande movimento, voci sempre più insistenti annunciano la cancellazione del volo. Sconforto e rabbia serpeggia tra noi. Si, ahinoi è proprio vero. Volo annullato, causa mancanza di personale di bordo. Sciopero bianco, malattia del personale, non si sa… Alitalia, in ogni caso, garantisce la notte in un albergo e la partenza per Buenos Aires, il giorno successivo. Giunti al Palace hotel, siamo in cento trenta persone, regna il caos. Sconcerto stanchezza e incredulità si addensano nella hall del hotel. Qui le cose non sono diverse dal punto di vista organizzativo. Manca personale, sono in pochi a gestire una calca affollata davanti al banco della recption. Ognuno cerca di guadagnare, come può, fra spintoni e urla, chiave e stanza per andare a riposare. Sono circa le due di notte…
Breakfast
Sveglia e colazione. Pessima. Tutti si lagnano per il servizio d’avvero scadente. Arriva il bus verso le nove e trenta che ci riporta all’aeroporto L. Da Vinci di Fiumicino.
Volo previsto, ore 14. Attesa più di quattro ore. Si avvicina il momento fatidico.Voci diverse si diffondono, memori del giorno prima, c’è molta prudenza, scetticismo e tante , tantissime critiche all’operato di Alitalia. Certamente non si fa bella figura come paese Italia.
Primi scambi nell’aerea C 30 con alcuni compagni di viaggio. Mi avvicino a una donna: come ti chiami,da dove vieni, sono di Roma mi dice e sono un utente, con orgoglio, quasi a sottolineare l’appartenenza identitaria della sua esperienza. Questo è il mio secondo viaggio dopo Pechino. E fra me e me: niente male. Poco dopo mi avvicino a un'altra donna: è una psicologa di Roma. Brevi commenti sui servizi di salute mentale, unasam, associazione nazionale dei familiari e condizioni degli spdc - servizi psichiatrici diagnosi e cura.
Il display del desk 30 dell’aeroporto segnala ancora volo per B. Aires alle quattordici: o..agognato tempo.. Stavolta ci siamo. Si parte. La gente si accalca, visi distesi all’annuncio della partenza. Tutti in fila serrati a urlare Argentina, Argentina , Patasarriba. Prima le donne con i piccoli e carrozzine e poi gli adulti. Ci imbarchiamo finalmente e prendiamo posto sul Boeing 777/200R.
Ma le sorprese non finiscono mai: il pilota è costretto a posticipare il volo di un’ora poiché due passeggeri del Patasarriba hanno rinunciato al viaggio e quindi non è possibile volare senza prima aver trovato le valigie dei proprietari ai quali consegnarli.. Regna la confusione e lo sconcerto fra i passeggeri;una telenovela infinita. L’aereo nel mentre si trasforma in una piazza, gente che trotta lungo i corridoi dell’aereo per disarticolare le gambe.
Alle quindici il miracolo! Partenza vera: quindici e quarantacinque. L’aereo si alza in volo seguito da un applauso scrosciante dei passeggeri.Tracciato del volo: Roma, attraversamento del Mar Mediterraneo, Sardegna,Tunisi, Marocco, Mauritania, Ghana, Senegal, Oceano Atlantico, San Salvador, Brasile, Buenos Aires. Arrivo locale previsto alle ore 2.15 Distanza Roma B. Aires Km 11165
Sorvolato Alghero, mi tormenta un mal di testa, forse dovuto allo stress dell’attesa e alle trenta ore di stop a Roma. L’orologio segna le diciassette e quindici, il cielo sopra Algeri, a quota 9753 m. tempo d’arrivo 12 ore e 13 minuti. Sul schermo appare di nuovo la topografica del tragitto. Santa Cruz Casa Blanca, Marrachesh, Mecknes Fez (ore diciotto) Mancano 9643 Km Fuori la temperatura è di meno cinquanta gradi.
Sull’aereo io e il mio amico Alberto occupiamo dei posti molto comodi. L’area in cui ci troviamo è diventata un’Agorà. Nei momenti di stanca, dopo pranzo e cena, diviene luogo di conoscenza e scambio dei passeggeri nonché di attesa per il bagno..Si avverte concitazione, c’è una certa perplessità, il viaggio è molto impegnativo, stancante, manca quasi lo spirito per affrontare una simile avventura. E’ l’ultima volta che mi imbarco in un simile viaggio dice una signora che sta davanti a me.. E il marito annuisce…. Perplesso. Paola, ragazza argentina e figlia del presidente dell’ Adesam, associazione operatori argentini, afferra la sua cinepresa e comincia a girare fra la gente. A filmare.
Il film sarà venduto alla televisione argentina. C’è un gran vocio nello spazio piazza-salotto-agorà. L’aereo punta in direzione Marrackesh.9391 kilometri all’arrivo. Sono le 21.30 circa, sorvoliamo Dakar e da lì a poco attraversiamo l’Oceano Atlantico puntando verso il Brasile.. Una certo brivido si sente..
Siamo a un terzo del viaggio. Fuori il vento soffia a 120 all’ora. Il comandante dell’aereo invita i passeggeri a stare seduti perché l’aereo balla..E poi ecco il display segnalare l’attraversamento dell’Oceano Atlantico, la punta est del Brasile, Fortaleza, Recife, Salvador. Un viaggio d’avvero molto lungo; si dice uno dei più lunghi della terra dopo l’Australia. Il tempo passa tra letture di giornali, libro, musica e film. Ce ne sono molti.
In piazza
Briefing in “piazza/Agorà” di alcuni viaggiatori. Cenni, riflessioni, notizie, curiosità del Patasarriba, situazione sociale, economica e psichiatrica in Argentina. Ci si aspetta cose ovviamente non buone, non piacevoli .Non saremo messaggeri di buone esperienze in salute mentale e, soprattutto, urlatori di: NO AI MANICOMI!!!!!! Sappiano però che, nonostante la situazione drammatica, ci sono timidi tentativi di riforma molto circoscritti di demanicomializzazione come il centro F. Basaglia di Rio Alta e il Progetto Prea, l’ associazione degli operatori Adesam e alcune associazioni di familiari nel Paese nonché, Radio Colefata nel manicomio di Bodra in Buenos Aires.
Sicuramente ci vorrà tempo, moltissimo tempo ancora per un cambiamento sostanziale e prima che si arrivi a una situazione psichiatrica rispettoso dei diritti umani delle persone con problemi di salute mentale. Speriamo non passino decenni come è successo da noi.
La condizione indispensabile per spalancare le porte del cambiamento è un nuovo processo politico culturale e sociale.Tale processo si innescherà tanto più quanto spinte, azioni, esperienze, progetti e idee si imporranno dall’esterno. Non sappiamo se ciò avverrà e quando ma, è fuori dubbio che bisogna minare quelle inenarrabili condizioni di sotto sviluppo umano, ambientale e strutturale in cui vivono migliaia e migliaia di persone dentro i manicomi. E anche fuori. Lambiamo le coste del Salvador, poi ci avviciniamo a Rio de Janeiro, San Paulo, Porta Alegre……. Stiamo atterrando nell’agognata terra di Buenos Aires.
Sono le 2.10 del mattino ora locale, cinque e dieci del mattino, ora italiana.
Agognata attesa
Le ragazze dell’agenzia di “Viaggio Dirotta da Noi” ci attendono all’uscita dell’aeroporto. Le avvistiamo, innalzano enormi cartelli di: PATASARRIBA, Benvenuti in Argentina. Nonostante la stanchezza e le 15 ore di volo in corpo , abbiamo ancora residue forze per esultare e manifestare gioia.
Saliamo sull’autobus verso i rispettivi alberghi. Alle 3,45 io e Alberto arriviamo all’hotel Salles, Cerrito 2008, in pieno centro di Buenos Aires. Gli altri situati in alberghi adiacenti.
Prima notte a Buenos Aires. Sono le quattro. Siamo strastanchi. Colazione alle 8,30 superabbondante…Incontro Daniele di Bologna. E’ qui con un gruppo dell’Anpis. Scambi e impressioni del viaggio e sulla salute mentale, poi scendiamo nella hall dove ci sono gli altri. Usciamo fuori, foto di gruppo e inneggiamo con gli striscioni a PATASARRIBA!!!!
Conferenza stampa
Raggiungiamo a piedi l’Università di Bologna di Buenos Aires, Circa quindici/venti minuti a piedi lungo le enormi e ampie strade di Buenos Aires. Facendo ovviamente clamore e rumore.
Alle 11.30 conferenza stampa di presentazione di PATASARRIBA.
Sono presenti il rettore dell’Università, Rodriguez Pena i rappresentanti di Anpis, di Unasam, di Adesam nonché una funzionaria dell’Ambasciata italiana di Buenos Aires.
Il rettore della Alma Mater Studiorum è raggiante della presenza numerosa in sala: utenti dei servizi di salute mentale di diverse città italiane, associazioni di salute mentale, operatori, cittadini, volontari. C’è una profonda e circolare energia positiva che si aggira nell’aula. Si coglie subito nel segno: diritti, cittadinanza, lavoro, inclusione sociale e sviluppo di processi evolutivi per uscire dall’isolamento a cui è sottoposta la psichiatria argentina. Inevitabile il raccordo al pensiero e all’esperienza di Basaglia
Come al solito, tra gli assenti, spiccano moltissimi degli attori della salute mentale lombarda, che strano….. E’ la solita isola felice la nostra regione, non felice per le persone che hanno bisogno di cure, di relazioni sociale di inclusione; non per le famiglie, non per gli operatori dei servizi.
C’è un impegno comune di condivisone, di spirito e di idee nel sostenere approcci e pratiche che si richiamano all’esperienze Basagliane. L’auspicio è quello di sperimentare, come in piccolissima parte si sta facendo, tentativi di riforma sanitaria coinvolgendo le istituzioni e gli operatori sanitari in modo da creare alleanze che portino allo sviluppo di processi di deistituzionali, di cooperazione, di reti e di diritti civili in Argentina. Adesam, associazione degli operatori argentini, lavora in tale direzione. Numerose persone indossano una maglietta con una scritta a carattere fortemente simbolico: 30, 60, 180. Trenta sono gli anni della riforma psichiatrica in Italia, sessanta sono gli anni della nascita della Costituzione, centottanta la legge che porta il nome di F.Basaglia .
Non c’è Costituzione senza diritti, questa è la parola d’ordine che suona nell’aula universitaria.
Parco S. Martin
Piazza S. Martin - La Plata
Una città di circa 900 abitanti, dista da Buenos Aires un ‘ora e mezza. Arriviamo con due Bus alle 16.00. L’appuntamento è nel parco, tra l’altro, bellissimo ben tenuto e con diversi alberi secolari. La giornata è calda molto calda. Sole cocente, temperatura elevata, umidità e soffocante. Tuttavia c’è nell’aria e tra le persone qualcosa di alchemico: l’atmosfera è calda, in tutti i sensi, bambini che giocano, si divertono, gruppi di persone intorno a un cerchio che raccontano, si raccontano. Donne che stampano magliette bianche con la scritta PATASARRIBA, GIORNATA DELLA SALUTE MENTALE, NO AI MANICOMI. Un gruppo di giovani preparano i loro strumenti poiché è previsto un concerto che, ahinoi, non si realizzerà perché ci sono problemi di elettricità. Intanto, nei diversi angoli del parco, si fanno attività, le più disparate: pittura, canti, si balla tango, si suonano tamburi, organetto, chitarre. Mi aggiro tra la gente a scrutare umori, scattare foto, immortalare espressioni di visi gioiosi, allegri. Siamo strani, tutti strani qui. Le barriere delle diversità si infrangano, ci si mescola allegramente, non si capisce chi è “matto” e chi no.Ma in fondo non ci interessa saperlo perché, ognuno di noi lo è a modo proprio e nella propria intensità.. Siamo in diversi e ci prepariamo per far il giro delle vie del centro città, corteo con canti e balli. Tanto rumore, la gente ci guarda attonita perché non capisce bene, almeno credo, perché manifestiamo. Eppur vero che in Argentina ci sono molto persone che protestano in strada, tuttavia un corteo di persone; utenti, familiari, operatori e volontari che vengono dall’ Italia a promuovere buone pratiche di salute mentale e inneggiare alla fine del manicomio, è un fatto d’avvero inedito. Gli automobilisti silenziosi non muovono ciglio, non protestano per i disagi che arrechiamo loro. Non c’è polizia attorno a noi. Tutto procede tranquillamente e all’insegna della massima libertà di espressione.
Questa è una faccia dell’Argentina,quasi un paradosso perché poi ci sono i desaparecidos nel mondo della follia e dove migliaia di persone sono ridotte alla fame e, ancora, familiari di associazioni che non possono pagare le quote associative di 10 pesos, 2 euro e mezzo, perché non ce li hanno…
Alcune donne del centro di salute F.Basaglia coordinate da Patricia, psichiatra argentina, sciupate negli anni dalla follia degli uomini, distribuiscono dolci fatti da loro.
La psichiatra dall’ottobre dell’anno scorso, con l’aiuto fondamentale e decisivo di una trentina di giovane psicologhe, sono riuscite a realizzare il centro F. Basaglia sul territorio di Plata. Una esperienza positiva, un luogo di vita che ha permesso di realizzare e ricostruire pezzi di vita di donne e di uomini che fino a poco tempo fa stavano in manicomio. Un non luogo senza specchio di se e degli altri.. Ora almeno alcuni di loro, lentamente vengono aiutate a riappropriarsi delle loro esistenze….Di quello che rimane..
Al macello,,,,,,,,,
Mataderos di Buenos Aires
Quartiere ad alto degrado ambientale, abbandono, povertà, incuria, senso dell’insicurezza, è la caratteristica di questo posto. Si avverte senso di smarrimento, si respira una puzza maleodorante di carne putrefatta…
Sole e caldo torrido illuminano ancor di più la bruttezza del Mataderos. Andiamo verso l’anfiteatro. Dal piazzale della fermata dei pullman sentiamo canti ed echi di musica popolare. E’ lì la festa. Un camion distribuisce acqua, tanta, perché la giornata lo impone. Pochi alberi e zone d’ombra. Invece intorno al piazzale si fiuta l’ ombra, l’opera e le nefandezze degli uomini.
L’atmosfera che si sta creando nell’anfiteatro è elettrica, magica. Si canta e si balla per ribadire ancora a suon di note e ritmo incalzante: non ai manicomi!!!
L’imperversare del caldo non scoraggia la gente a trovare posto sulle scalinate dell’anfiteatro. I gradini colorati di giallo e azzurro rendono lo scenario ancora più suggestivo.La band musicale posizionata alla base dell’anfiteatro sta affilando gli strumenti; alle spalle campeggia una scritta gigante che recita: PRIVAVERA A B. AIRES
si sentono cenni di musica vivace che accendono gli animi della gente che, nel frattempo, sale sul palco e comincia a muoversi, a scrutarsi, a ballare. Sempre di più la musica cattura le persone. Si ha voglia di far parlare i propri corpi. Balliamo in molti: bambini, giovani, le donne dell’Eteves, gli operatori. Ci si lascia andare tutti. La musica, la danza, fanno scivolare il tempo, raschiano i ruoli e fanno posto all’ in-consuetudine.
Aggirandomi tra le gente incontro Raffaele, infermiere psichiatrico, veterano della salute mentale e ottima conoscenza della situazione Argentina.,al quale esprimo il mio interesse a visitare un manicomio, ce ne sono cinque in Buenos Aires. Mi fa conoscere una psicologa che lavora al manicomio femminile di Esteves. Fissiamo un appuntamento per venerdì. Un gruppo di trenta persone andrà a visitare il posto degli orrori ma anche il luogo della forza e della determinazione di alcuni operatori in trincea. Quella vera!!
Da lontano vedo scorgere un gruppo di donne, sono una forte delegazione di donne manicomializzate, “guidate e protette” dalla psicologa e da educatori. Li raggiungo, mi avvicino e a una a una stringo loro la mano. Subito è scattato dentro di me un profonda solidarietà umana per quei volti di donne consumate dalla lunghissima sofferenza silenziosa della follia. E dalla follia di certi malpensanti, che è ancora più devastante. Smarrite e incredule che qualcuno si avvicini e doni loro un sorriso, un benvenuto. Sono fuori, in “libera uscita” per qualche ora, dalla geenna e dell’ immobilità del tempo…
Gisella Trincas, presidente dell’UNASAM viene intervista da una tv Argentina che ha seguito il viaggio fin dal primo giorno. Gisella racconta delle condizioni dei familiari, delle necessità di conoscenza della malattia la più ampia e articolata possibile per fronteggiare al meglio le prime fasi di esordio.Di come affrontare situazioni di enorme stress, di comportamenti bizzarri della persona sofferente legati al disturbo mentale, nonché del senso di isolamento e di impotenza in cui sono trovano spesso i familiari. E ancora: degli aspetti normativi, degli strumenti tecnici e di supporto, dei diritti e delle cure che spettano alle persone con problemi di salute mentale. Dell’ enorme utilità che riveste il trovarsi con altri familiari, ad esempio: partecipare ai gruppi di auto aiuto per familiari, intessere rapporti attivi con le associazioni di familiari.
Incontro in comune
Il Consiglio Comunale di Buenos Aires ha voluto fortemente omaggiare Patasarriba sostenendo un incontro a più voci sul tema della salute mentale e la messa a confronto delle diverse esperienze italiane e inglesi sia di utenti, di operatori e sia di familiari. La forte e dilagante presenza di manicomi in Argentina, dove la presenza di una moltitudine di persone all’interno dei gironi dell’inferno è legata si a condizioni patologiche, aggravate certamente dall’internamento per decenni, ma anche a problemi di carattere sociale ed economico. Infatti alto è il numero delle persone appartenenti a una estrazione sociale molto bassa le cui condizioni socio-ambientali-familiari sono immensamente difficili e dure.
Casa del sindacato
Pomeriggio di emozioni, di euforia, di voglia di stare insieme. Alchimia pervasiva. Uno spettacolo teatrale preparato da alcune persone con problemi di salute mentale e non, gran folla accalcata sui posti dell’anfiteatro alla casa del Sindacato. Posti da protagonisti, finalmente. E tutti!!
A seguire si è svolto un sorte di “auto mutuo aiuto” molto partecipato: esperienze a confronto di utenti, familiari, operatori e volontari. L’anfiteatro era pieno di gente, stracolmo. Che aria che tirava. Che atmosfera che sprigionava. Che emozioni incantevoli che circolavano.. Ci sono state delle testimonianze, specie degli utenti, toccanti e vibranti. Sono venuti allo “scoperto” persone che per la prima volta in vita loro prendevano un microfono e, in maniera trepidante, si esprimevano, dicevano la loro, raccontavano squarci della loro esistenza. Dura. Ma anche di grande solidarietà, di aiuto, si sostegno. E molto verosimilmente diversi di loro si sono riaffacciati alla vita, alla speranza, a un obiettivo. A proseguire lungo il loro cammino. Fuori…
Grazie alla presidente di Adesam, un delegazione di Unasam, Gisella, Alberto, Digilio e Andrea, incontra l’APEF, associazione mista di familiari: fratelli, sorelle, figli e volontari, di Buenos Aires i cui parenti soffrono di disturbi schizofrenici. C’è un’altra associazione di dimensioni più piccole a Mendoza. Sono presenti sul territorio di B. A. da circa 12 anni. Le loro attività si svolgono all’interno del manicomio. Le visite ai congiunti avvengono dentro i manicomi. Le persone con problemi psichiatrici non possono uscire fuori neanche accompagnate dai parenti. I familiari entrano con un permesso della direzione del manicomio, una volta al mese. Cercano di fare informazione all’interno dell’ospedale psichiatrico.La situazione economica è talmente grave che molti dei familiari dell’ APEF non riescono a pagare la quota associativa di 10 pesos pari a 2 euro e trenta centesimi. Nella città di Buenos Aires, gli iscritti all’associazione sono circa 700.
L’associazione seppur favorevole alla chiusura dei manicomi, ritiene che non ci siano assolutamente le condizioni di tipo politico, economico e sociale per avviare un percorso di chiusura dei manicomi in B.A. men che meno nel resto del paese. Un progetto di chiusura necessita di alleanze forti fra tutti gli attori che girano attorno alla psichiatria argentina ma, prima occorre sperimentare forme che, in piccolissima parte, sono in corso d’opera, come il progetto del centro F. Basaglia di La Plata.
La possibilità di far partire un piccolo progetto di una casa della salute mentale in B.A che funzioni come spazio residenziale per 5/6 persone, attivare gruppi di auto /aiuto fra utenti, corsi di formazione per giovani utenti finalizzati a sperimentare piccole forme di lavoro; taglio dell’erba nei manicomi, avvio lavanderia, pulizie varie ecc. I costi di un ‘ipotesi di progetto del genere sarebbero sostenibili poiché con 70/80 mila euro si acquisterebbe un immobile dignitoso. Nel mentre si deve rafforzare la costituzione di altre associazioni di utenti e di familiari che premano e facciano sentire la loro voce. Ce ne bisogno. E tanta!! Per far uscire 4/5 mila persone dai quei inqualificabili posti…
Al manicomio Esteves
In una giornata caldissima e umida, visitiamo il Jose Esteves, manicomio nella periferia ovest di B.A.
Ad attendere all’entrata del manicomio c’è Lilia, la psicologa con la quale avevamo concordato l’appuntamento.
Da subito si respira aria soffocante da manicomio, di abbandono, di perdizione. Subito ci sfiorano alcune persone seminude, i corpi rattrappiti, abbruttiti, volti smarriti, e sguardi nel nulla. E paradossalmente in questa vuotezza assoluta che forse i vaganti del manicomio si rifugiano, cercano non si sa cosa,e perché. Accompagnati da Lilia entriamo all’interno dell’atelier, un preingresso, scale che portano ai piani delle stanze. Tre camera piene di quadri attaccati alle pareti Pavimento “pulito” molto probabilmente per l’occasione. L’ambiente è tetro, anonimo. I lavori fatti dalle persone e supportati dagli operatori, restituiscono un po’ dignità agli artisti e rendono gli ambienti più accettabili. A piano terra vi è una stufa, ingabbiata, che dovrebbe riscaldare l’intera superficie. Come ingabbiate sono le persone. Sgomento, tristezza e incredulità è quanto serpeggia tra noi. E anche malessere per quel che assistiamo. E non siamo che agli inizi. Lasciamo l’atelier per andare nei padiglioni. Il parco è disadorno, regna l’incuria. Non si possono sprecare pesos per un po’ di verde…..Siamo un gruppo misto di trenta fra operatori, utenti e familiari. Sul percorso incontriamo “corpi vaganti” mal vestiti, sporchi, senza scarpe. Tuttavia alcuni di loro si avvicinano, accennano a qualche cosa…. Un briciolo di attenzione, semplicemente un misero sguardo forse reclamano. Almeno quello. Un gesto simbolico che in simili orripilanti contesti riveste enorme significato.. Stanzoni dentro i quali sono ammassati 50/60 persone. Letti sfondati, materassi putridi, solo alcuni un po’ decorosi. Cessi privi di tutto. la parola fatiscente e accostabile a cessi? Pareti scrostate. Docce indescrivibili. Persone docciate in massa. Usando un solo asciugamano, uno solo, che serve per tutti i docciati. Uso del cesso. Ci sono degli orari. Ferrei. Dopo di che si spranga la porta del cesso.
All’Esteves ci sono 1200 donne. Di tutte le età. Di bassa estrazione sociale. Dal 1999 le donne uscite dal manicomio è solo una piccolissima parte: 60/70 persone. Inserite in un progetto casa famiglia. Il dramma dell’Esteves è doppio: il dentro e il fuori del manicomio è pressoché identico. Per condizioni economiche, povertà, violenza. In questo posto senza dio e ne santi, Lilia, la psicologa per dieci anni ha fatto volontariato. Dentro. Dieci anni di lavoro: premio ad honorem alla resistenza. Ora è una dipendente del manicomio. Le ore di lavoro sono sempre tante e quelle pagate poche. Nonostante tutto la dedizione è incommensurabile.. Donna, operatrice titanica, eccezionale. Perché la situazione, in senso globale è l’eccezionalità. Non resisto chiedermi e a chiederle: ma cosa ti inchioda a restare qui, in questa “riserva di larve umane”? E lei risponde: sono loro, le persone che, nonostante tutto, mi danno forza e motivazione a continuare la mia sfida. Per cercare e ridare senso e speranza…..
I volontari che collaborano a portare avanti le attività non sono molti, ma ci sono. Molti sono i giovani internati e imbottiti di psicofarmaci e controllati all’ingresso dalle guardie.
L’Esteves può contare su 10 psichiatri, i quali sono presenti 4 ore al giorno. per 1200 persone, 6 sono le psicologhe e altre 50 collaborano gratuitamente.
Il giro dell’inferno è terminato. Usciamo fuori. Noi che possiamo. Non ci sono parole che escono dalle nostre bocche. Solo sguardi che racchiudono l’inenarrabile. Noi abbiamo impiegato 30 anni per chiudere i manicomi italiani. La speranza che almeno i loro manicomi possano essere abbattuti molto presto.
Il calcio…
Grande agonismo ed entusiasmo nella partita di calcio fra Italia e Argentina al Barrios Boca.
I nostri, utenti, operatorie volontari battono gli argentini. Il clima è da stadio vero. Si esulta e i corpi esultano altrettanto. Il famoso e mitico stadio Boca e dell’arcinoto Maradona è a 100 metri. Andiamo. Boca è un quartiere a forte presenza di origine italiani sbarcati a B.A tra il 1910/20. Qui gira per lo più tutto intorno al Boca calcio. Il calcio è vita. E’ il significato più alto per molte persone. Insieme al tango ovviamente. Grande folla al museo dello stadio Boca. Il museo è un iconografia a Maradona. Dominano sue gloriose immagini, gadget, magliette ecc. Poi si va sulle gradinate dello stadio.Una marea di click per cercare di rapire l’atmosfera dei grandi eventi calcistici. Il Camminito ci aspetta. E’ un percorso che aggira lo stadio; colori sfavillanti, accostamenti meravigliosi e pieni di luce abbelliscono case di legno e di lamiera. L’impatto è notevole, sensazionale. La caratteristica dominate è la povertà, la miseria di questa gente.Come in tutte le parti più degradate del mondo, quello che colpisce è l’espressione dei visi rassegnati, persi nel vuoto e abbruttiti dalle condizioni degradanti in cui sono costretti a vivere Per strada, jam session di giovani che suonano rendono l’atmosfera di Boca incantata. Dalle finestre colorate, attratti dal clamore, si affacciano bimbi curiosi con i loro cani. Il gruppo si ritrova nella parte più ammaliante di Boca. Un crocevia di stradine, di locali, una sorta di speaking corner. Qui ci si ferma, estasiati dall’incredibilità di questo luogo; ci sono scambi, commenti, impressioni, emozioni, persone che fanno conoscenza. Ad un tratto si avvicina una donna e mi dice: Andrea, le tue parole pronunciate alla casa del sindacato mi hanno e stato un intervento toccante. Affermazioni che riempiono, che creano vicinanza, che trasmettono dimensioni “intime” perché c’è la gratuità di donarsi emozioni. Emozioni che fortificano, che danno senso al nostro agire..Che non sono scontate, che non accadono tanto facilmente.
In radio. ..
All’ ospedale psichiatrico di Borda - B.Aires
Incontriamo uno psichiatra di Torino con il quale ci intratteniamo per la tutta la visita. Attendiamo vicino al guardiola perché prima di poter entrare e scattare foto all’interno, occorre un permesso . Arriva un infermiere ….. un signore che ci pare abbia in corpo un po’ alcol…. Forse l’alcol funge da deterrente per sopravvivere al Bodra.. Bontà sua, è possibile fare foto, ma solo nel perimetro della COLIFATA. E poi se ne và.
La giornata è terribilmente calda e afosa. E’ il giorno di COLIFATA al manicomio di Borda. Tutti uomini. Di tutte le età ed estrazioni sociali.. E’ Il giorno della radio libera, libera in verità. Libera di poter raccontare e dire qualsiasi cosa: dalla più strampalata a quella più creativa, a quella più carica di riflessioni e di pensieri.
Radio Polifata, la radio dei matti, va in onda in rete locale e nazionale. Alcune reti locali trasmettono pezzi di trasmissioni. C’è un vero palinsesto.Ogni sabato mattina c’è un forum, un microfono aperto dei matti del Borda.Una voce aperta al delirio, al momento romantico, alla musica, alla comunicazione, verso l’esterno, alla denuncia…
Un èquipe operatori tecnici radiofonici registra la trasmissione, in tutto tre ore. Poi viene estrapolata una mezz’ora circa di trasmissione, il cui contenuto senza tagli, viene messo in onda sia su alcune radio locali sia nazionale. La prima che cosa che balza alla mente è: internati a vita senza o pochissime possibilità di dimissioni però, “liberi” di trasmettere, liberi di far sentire la loro voce… Lo psichiatra ci racconta che grazie al movimento del 69 si poté fare, assieme, operatori, utenti e familiari per la prima volta, un’esperienza in un villaggio della Patagonia. Altra esperienza è stata il progetto PREA attraverso il quale 70 persone hanno potuto trovare collocazione in piccoli appartamenti.
Il gruppo si avvia all’entrata e mentre aspettiamo che qualcuno ci dia l’ok per entrare, su una parete vediamo scritto: DESAPARECIDOS, utenti e anche qualche operatore spariti, di recente. Non si sa più sorte alcuna. Questo paese tra i suoi desaparecidos, risalenti agli anni delle torture del regime militare, annovera anche matti vittime di traffico di organi, alcuni dei quali carnefici furono degli operatori.
Spazio Colifata- siamo almeno 30 persone e tutti insieme formiamo un cerchio. Molte delle persone sono al Boca da sempre. Altri, invece, sono entrati di recente, causa crack finanziario avvenuto nel 2001. Dietro l’impianto radio un coloratissimo murales domina la scena. E’ un cerchio in movimento, dinamico, si balla, si suona si declamano poesie. Perché è davvero uno spazio poetico. Perché la poesia sa abitare al di là delle scelleratezze umane. E’il manicomio che annienta le persone e il senso del loro tempo. La mimica degli uomini esprime tratti di ripulsa del manicomio, quasi a delineare spazi e argini intaccabili dalla totalizzante logica della segregazione.
Al suono di un pezzo della Rafaella Carrà si scatenano in molti. Indifferenti alla calura.. E’ il compleanno di un signore apparentemente un po’ in là con gli anni. E’ elegante nel suo vestire. Ordinato. Prende il microfono è urla a squarcia gola: PAZZI DI TUTTO IL MONDO UNIAMOCI.
Manifestazione
Av.da di Maggio - primo pomeriggio
Siamo trecento/quattrocento persone circa. E’ un corteo vivace, chiassoso, quello che sta pere partire in direzione Plaza de Majo.. Bandiere dell’Italia, striscioni e cartelli che richiamano l’esperienza Triestina sono in testa al corteo. Lungo le strade del centro di Buenos Aires si canta, si balla a suon di samba. Procediamo entusiasti. La gente incuriosita ci guarda, chiede di noi. Applaude. Ballerini, danzatori, giocolieri, tamburi, trombe, animano il corteo. Il cielo si fa minaccioso. Noi no molliamo, andiamo avanti, le prime gocce di pioggia non ci fermano. In coro e a gran voce si ripete lo slogan: Mai più manicomi. Non sono solo gocce quelle che arrivano, ma un fortissimo temporale si abbatte su di noi, ognuno si ripara dove può. Gli ultimi resistenti sfidano l’acquazzone. Dancing in the rain. Però subito dopo anche loro prendono la via della fuga. Il corteo viene sbrindellato dal forte temporale. Il passa parola: ci troviamo in un locale a poca distanza dalla sede del consiglio comunale.
Alla spicciolata ognuno cerca di trovare riparo. Un can can pazzesco, giusto per restare in tema. La fame ci assale, la stanchezza pure. E’ l’ora di una buona birra. Qui si riprende l’anima della manifestazione e tutto sommato riusciamo a creare un clima comunque festoso, piacevole e giocoso.
Che al mercato….
S. Telmo. E’ tappa obbligata a B.A. Qui si respira un’atmosfera veramente particolare, strepitoso per le cose, le più impensabili, Strada lunghissima, regina dell’oggettistica, la più disparata, arte oratoria, mimi e comici che intrattengono i passanti, ,performance di flamenco e di milonga, è, ovviamente tango in strada. Tutto ciò crea spensieratezza, e senso di vitalità. Vieni avvolto, preso, rapito da una strana aria E questo forse attiene all’immaterialità, a un qualcosa che non possiamo afferrare; possiamo però percepirne i segni.
Dott. Stoliaz
Fuga dal mercatino di S.Telmo per giungere in tempo a un incontro molto suggestivo e interessante con il dott. Stoliaz. Incontro reso possibile grazie all’intervento di Alberto Bonazzi, suo amico
Appuntamento in piazza Argentina . Ci troviamo a discutere e confrontarci in una pizzeria. Il nostro è un ospite di notevole riguardo ed è molto importante per il ruolo che ha ricoperto in passato; ha lavorato nella psichiatria per decenni nonché ha fatto un lavoro di ricerca sulle diverse etnie in Argentina. All’incontro sono presenti: il dott. Stoliaz, sua moglie Olga anche lei medico, Gisella, Girolamo, Alberto, Andrea, Armando, e Elsa del’Unasam,. Una figura da guru,un signore dall’aspetto mite, tono di voce lenta e suadente. Subito si instaura una comunicazione diretta, pulita. Spesso viene interrotto poiché, sono molte le cose che racconta.Non riusciamo a stare per un attimo in silenzio ad ascoltarlo. Non si scompone mai neppure quando subisce interruzioni a catena.Ci tiene a raccontare e farci conoscere quello che sa. Purtroppo il tempo è tiranno..Le prime affermazioni: in Argentina non c’è salute mentale, perché non c’è salute. Mette in rilievo il rapporto tra salute, violenza, povertà tanta, l’elevato consumo di droga e l’ alto livello di mortalità infantile. Qui la psichiatria è: psicofarmaci quelli di vecchia generazione e manicomio.
La Costituzione Argentina annovera tra i suoi principi fondamentali il diritto alla salute, la dignità delle persone, il lavoro, l’istruzione. La prima scrittura risale al 1873. Poi nel corso del tempo riscritta. Oggi, il modello costituzionale è quello americano. L’ultima riforma risale al 1994. Nonostante I buoni principi costituzionali, non è vero che siamo tutti uguali di fronte alla legge afferma. No,la costituzione se non si esegue è lettera morta. Manca l’attuazione. La salute globale in Argentina è migliorata negli ultimi anni. La morte infantile è diminuita ed è l’indicatore più sensibile. In Argentina la mortalità è del 300/400 per mille. Le condizioni di salute variano da provincia a provincia ed sono direttamente proporzionali alle condizioni economiche e sociali. Si può affermare che questo paese è uno Stato autoritario con una democrazia formale. Per niente sostanziale. Un paese pieno di contraddizioni, ad esempio: assenza di diritti, manca di una coscienza di popolo, c’è rassegnazione. E poi aggiunge, Dio sta in tutti i posti ma l’ufficio lo tiene a Buenos Aires.In Santiago dominano:violenza, povertà, stili di vita erranti; fattori e indicatori negativi nelle cura delle persone. No esiste prevenzione, la povertà è molto spesso causa di malattia e di morte. I maggiori posti letto sono in psichiatria. In Buenos Aires ci sono 33 ospedali generali di cui 13 per acuti. Nessuno di questi ha posti letto per la psichiatra, tanto meno una guardia medica. Gli indigeni per lo più vivono nelle zona nord del paese e vivono in condizioni di forte povertà e senza luce elettrica, 3500 sono i posti letto nei 5 manicomi di B.A. L’internamento è sottoposto a legge nazionale e specifica di B.A. I giudici tutelano i diritti civili degli internati. E’ naturale che ci sia una discrepanza sul piano dei diritti da provincia a provincia. Il letto non è il problema dei malati psichiatrici. L’infermo chiede, domanda di stare in piedi. Non può scappare perché è infermo. Non ha uno specchio, non si può vedere. Non ha identità in manicomio e chi non ha identità non è nessuno. Non esiste. Il manicomio è il grande contenitore, un melting pot di patologie, di disagi. Il letto è occupato dal primo che passa. Si interna per il semplice fatto di aver tentato un suicidio o per violenza. Stoliaz ci parla di un modello canadese che a suo dire punta sul miglioramento dell’ambiente, sullo stile di vita. E’ importante la formazione degli operatori, che l’ospedale abbia le porte aperte e il di fuori collabori . Gli psichiatri non solo si devono occupare di medicine ma anche delle persone. Le posate in acciaio non esistono, usano quelle di legno. Temono quelle di acciaio perché possono usate come arma..
Credo che il quadro descritto dal dottor Stoliaz, e non è tutto ovviamente, sia davvero eloquente. Sarebbe ancora più interessante un ulteriore incontro con lui di approfondimento qualora riuscissimo a realizzare dei passi che conducessero a un progetto di intervento di riabilitazione in B. A.
relazioni umane
Sono i ragazzi e i matti che maggiormente mi infondono meraviglia, perché si fanno notare, ciascuno a suo modo, per come sono, senza maschere. Questo facilita lo stare insieme, taglia le discriminazioni, favorisce relazioni giocose.
Il tutto insaporito da una condotta semplice, naturale, depurata da condizionamenti e a tratti con espressioni e gesti poetici. Come sanno fare i ragazzi. E’ quello che ho visto fare a David e Mirko, Bravi!
Quando le persone si preoccupano e si occupano della salute. Degli altri.
Sono nel hotel la Paix, ad certo punto vedo una persona che si agita, urla, dice apparentemente cose senza senso. E’ in preda a una crisi psicotica, direbbero gli psichiatri. La persona sofferente schizza a velocità fuori dall’albergo. Attraversa la strada ignaro di quello che gli sarebbe potuto accadere se nel mentre fosse passata una macchina. Si ferma davanti a un cartello pubblicitario e comincia ad attuare gesti di autolesionismo compulsivo. La scena si svolge sotto gli occhi atterriti degli astanti della hall. Un'altra persona, pure lui con problemi di salute mentale, lo raggiunge immediatamente in strada, gli blocca le mani e comincia a contenerlo, abbracciandolo e rassicurandolo. Fermati, non preoccuparti non è successo nulla di irreparabile. Ci sono io ad aiutarti. Basta è finito tutto. Vengono allertati gli operatori di riferimento della persona che è stata male. Sembra una scena di un film. Dopo dieci minuti e un intervento efficacissimo fatto di ATTENZIONE ALL’ALTRO, tutto è tornato alla normalità.
A quel punto la persona in crisi si placa, si ferma, percepisce che qualcuno è vicino a lui. E quindi si rassicura. Si tranquillizza, poi insieme rientrano in stanza. Li rivedo dopo mezz’ora con un sorriso, entrambi. Ho manifestato compiacenza e apprezzamento alla persona che è intervenuta a favore di quella che è stata male, una bella capacità di agire e di aiuto. Mi sono complimentato con lui. Fiero dell’intervento, il soccorritore portava con se la sua fierezza. Il mondo alla rovescia…. Un matto….. che soccorre un altro matto……Bravo!!!!
Mail…
Delle manifestazioni svolte in strada contro i manicomi, invio due E-.mail agli amici italiani del forum nazionale della salute mentale. La prima cosa che mi salta in mente è: è proprio bizzarro che bisogna andare in Argentina per manifestare per la salute mentale. Eppure, visto i segnali e lo sfornare di proposte di legge presentate al nostro parlamento che mirano ad eliminare la 180, occorrerebbe si, far rullare i tamburi per non essere sepolti dall’impotenza e dall’ignavia
Al museo.
Prima di rientrare in Italia, desidero visitare il museo degli emigranti. Un groppone alla gola mi assale sia quando entro nell’enorme salone sia quando assito alla proiezione di un video che spara: immagini, volti consumati, segnati dalla povertà, dalla fame, viaggi, fatiche e speranze per un altro futuro. Sono immagini degli emigranti, per la maggior parte di italiani, che emigrarono in Argentina nei primi anni del Novecento.
Un video simbolo che fotografa, che incarna una situazione come quella attuale nel nostro paese ma anche in Europa: l’emigrazione di popoli che giungono sulle nostre terre. Un video che avrebbe un valore altamente propedeutico se fosse fatto circolare… E’ proprio vero che non c’è futuro senza conoscenza del passato. Ancora peggio quando si fa di tutto per cancellare, spostare, azzerare il passato negandolo e relegandolo al margine, nel dimenticatoio. Questa è la strada maestra per oscurare l’orizzonte, il futuro, il futuro che è di tutti e non appannaggio di alcuni. Che ci piaccia o no.
Questa è un viatico per innescare comportamenti e forme mentis che imbarbariscono relazioni, generano diversità razziali, disconoscimento degli altri. Odio. In tempi simili occorre appellarsi all’ intelligenza e alla sapienza. Sarebbe l’antidoto alle macerie umane e culturali del nostro tempo.
Tango
Buenos Aires è la città del Tango. E’ pervasivo nell’anima degli Argentini, è cultura, è espressione di nobiltà musicale. E’ comunicazione. scoperta dell’altro, passione. A Puerto Madera, zona tra le più sontuose e moderne di B. Aires, è stato eretto un momento al tango. Una struttura plasmata in acciaio che raffigura il Bandeleon, simbolo della tradizione popolare argentina. Gli amanti del Tango desiderosi di momenti ispiratori, aggirandosi in macchina senza meta tra i quartieri di Palermo, o di Boca o di Puerto Madera, hanno la possibilità ricrearsi collegandosi a un radio che trasmette ininterrottamente solo tango, 24 ore al giorno. Eh si, il tango scorre nel sangue del popolo argentino tanto da istituire un’ accademia, all’interno della quale si possono ammirare, oltre allo spazio adorabile, storie di personaggi famosi che hanno segnato la storia di questo genere di musica e di danza, tra i quali; Astor Piazzola, Carlos Gardel, considerati indubbiamente delle icone. E ancora: sulle pareti della sala concerti si possono ammirare con stupore, momenti epici, volti di donne e di uomini, dipinti che sovrastano scene di tango.
Oltre al Tango argentino, sono presenti altre espressioni musicali fra cui:
Milonga, Chamame, musica della provincia di Corrientes, Tango elettrico nel nord del paese, Bals, Chacarera, diffusa a est e il Criollo.
Gli strumenti usati per lo più sono: Bandeleon, Fisarmonica, Organetto diatonico,Violino
Il rientro: cosa ho portato in valigia.
Sovente mi sono trovato in situazioni e contesti legati alla salute mentale; convegni, incontri, ecc. ma mai come questa esperienza argentina ho visto una forte presenza di persone con problemi di salute mentale. E non capita quasi mai di vedere insieme tante persone e per lo più resisi protagonisti in molte occasioni. La compostezza e la tranquillità in aereo è stata esemplare; un viaggio così lungo e faticoso avrebbe potuto mettere a dura prova qualcuno. Anche tra cosiddetti normodotati. Mai hanno dato segni di nervosismo e di irrequietezza. Ne, hanno costituito problemi di alcuni genere.
Mi ha colpito il forte spirito di collaborazione e di voglia di stare insieme fra tutti. Le serate passate nei locali, nei ristoranti, nello stadio Boca, la partita di calcio, lo spirito goliardico che aleggiava, il piacere di stare a tavola. Insieme. Così come mi ha colpito positivamente che, persone con problemi di salute mentale, come tutte le altre persone, alloggino in un albergo a 4 stelle, senza aver scritto in fronte: sono matto…..
Incontrare casualmente persone con problemi di salute mentale nel mercatino di S.Telmo, da soli, in una megalopoli che comunque richiede una non poca attenzione poiché, essere scippati, essere derubati e subire qualche forma di violenza, è molto facile.. Si è messo in pratica per diversi giorni l’inclusione sociale. Di tutti. Senza etichette.
Pochissima presenza di lombardi in questo viaggio. Chissà perché, ci distinguiamo sempre! Anche in termini istituzionali: diverse istituzioni hanno sponsorizzato il viaggio in Argentina e dato contributi economici a persone con problemi di salute mentale. Operatori di diversi servizi di salute mentale italiani, tra cui quelli della Emilia Romagna, erano presenti ufficialmente in rappresentanza delle loro aziende ospedaliere.
La promozione di azioni culturali sulla salute mentale non ha confini ne latitudini. Si può criticare qualsiasi progetto, come qualcuno in casa nostra ha fatto riguardo a Patasarriba. Tuttavia credo che l’esperienza che abbiamo fatto in Argentina è stato un fatto di enorme valenza umana, politica e sociale.
Perché occasioni simili possono e devono essere lette come passi di costruzione in cui si tenta di tracciare e di allargare le ragioni e il senso della convivenza e della promozione di buone pratiche per la salute mentale.
I miei ringraziamenti a:
Tartavela e Urasam, in particolare a Eugenio Riva, che mi hanno permesso di fare questa indimenticabile esperienza.
Grazie a Unasam, Gisella Trincas e a tutti i compagni di strada
Grazie a Adesam, Anpis Nazionale Roberto Grelloni e a Marco D’Alema per la realizzazione del progetto, per l’impegno e i contatti che hanno avuto con le autorità Argentine.
Grazie a Ilaria Traditi che con il suo blog ci ri-mette in contatto.
E soprattutto grazie a Marcella, per la piacevolissima conversazione che abbiamo avuto in aereo sulla via di ritorno.
N.B.
Spero che la parola matto, spesso usata nel diario, non offenda la sensibilità di nessuno. E’ per me semplicemente una parola il cui significato esprime affetto e rispetto.
Milano, gennaio 2009 Andrea Meluso
Tartavela
Associazione per la salute mentale- Milano

mercoledì 21 gennaio 2009

Patasarriba-Il Diario

Andrea Meluso di Milano, presidente dell'associazione Tartavela Onlus (associazione di familiari per la salute mentale http://www.tartavela.it/) ha scritto un bellissimo diario sull'esperienza di Patasarriba.
Senza dubbio uno dei partecipanti più attenti, sensibili e poliedrici (non si è tirato indietro se c'era da scattare foto o girare video, oltre a scrivere tutto quello che succedeva), Andrea ci ha fatto davvero un regalo prezioso, che come ha detto lui stesso contribuisce "a dare, almeno in parte, una visione di quello che abbiamo piacevolmente vissuto".
Abbiate pazienza, a breve lo pubblicheremo sul blog.